Pfm, CCCP, Litfiba, poi i CSI, da chitarrista, e 6 album di inediti, in cui ha scritto tutti i testi, con i Rossofuoco. Giorgio Canali è probabilmente l’uomo che meglio rappresenta il rock (quello che un tempo si chiamava alternativo) italiano dagli anni ottanta ai giorni nostri. Basta scorrere l’elenco delle band di cui è stato produttore (fra gli altri Verdena e Luci della centrale elettrica). O quello ancora più lungo delle sue collaborazioni: Marlene Kunz, Afterhours, Tre allegri ragazzi morti, Zen circus, Timoria, Lo stato sociale e molti altri.
A 60 anni, Canali ha pubblicato nel 2018 il suo sesto album di inediti con i Rossofuoco “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro”. Restando sempre fedele alla sua linea, da burbero rocker romagnolo, alla sua poetica arrabbiata e ribelle, alla denuncia a tratti cruda e feroce delle diseguaglianze sociali e delle derive autoritarie. È stato un regalo a soci e amici del circolo Potok di Oblizza (Stregna) la sua visita, lo scorso 3 febbraio, in cui ha anche suonato alcune sue canzoni assieme al chitarrista dei Rossofuoco Marco Greco. Nel tipico clima informale e intimo del circolo ci ha anche concesso un’intervista.
Dopo sette anni dall’ultimo album di inediti sei tornato con undici canzoni nuove. Ad un primo ascolto sembra quasi un lavoro catartico rispetto a quelli precedenti. È così?
“Sì, è catartico nel senso che finalmente abbiamo trovato chi menare! (ride ndr.). È che sono stati sette anni di vuoto totale, in cui non sapevo veramente che cavolo scrivere. Nel senso che, dal punto di vista dei testi che è quello a cui tengo di più, non avevo niente di meglio di quello che era stato fatto fino al 2011. Poi improvvisamente mi sono trovato, a febbraio dell’anno scorso, con un’emorragia di parole ed è stato davvero bello, ho scritto i testi in 40 giorni.”
L’intervista completa a Giorgio Canali sull’edizione cartacea del Novi Matajur del 6 febbraio 2019