Poesia e impegno civile, la lunga ‘resistenza’ di Raimondi Cominesi

Poesia e Resistenza. L’espressione libera dell’arte e l’impegno civico durante ma anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La vita e le opere di Luigi Raimondi Cominesi in aspetti solo apparentemente così distanti tra loro, sono anche un raro esempio di coerenza. Il poeta, l’insegnante all’avanguardia e il combattente per la libertà dal fascismo. Raimondi Cominesi, originario di Fiume, oggi lucidissimo novantaduenne, è stato protagonista giovedì 27 marzo, allo Slovenski kulturni dom di San Pietro al Natisone, di un incontro organizzato dall’Anpi Valli del Natisone e dal Circolo culturale Ivan Trinko. Dopo il saluto di Daniele Golles (Anpi), sollecitato da Michele Obit, presidente dell’Ivan Trinko, e dalla poetessa Antonella Bukovac, Raimondi Cominesi ha ripercorso la sua storia da protagonista della Resistenza in Italia presentando una selezione della sua produzione poetica, filo conduttore di tutta la sua vita. raimondi“Scoppiò la guerra e io rimasi con Hugo”: ha scritto riferendosi alla sua vita da soldato Raimondi Cominesi: “La sera dell’otto settembre 1943 – ha raccontato – mi trovavo con l’esercito italiano nei pressi di Foggia. Appresa la notizia dell’armistizio capimmo subito che la nostra situazione sarebbe radicalmente cambiata, che presto i nostri alleati tedeschi sarebbero diventati i nostri nemici. Con alcuni compagni organizzammo subito un piccolo gruppo di fuoco. Mal equipaggiati (con una sola mitragliatrice) iniziammo a combattere con gli anglo-americani, rifugiandoci nei paesini con l’appoggio della popolazione civile. Da lì risalimmo la penisola e, dopo settimane difficili, ci unimmo alle truppe alleate lungo il fronte di Montecassino. Nonostante fossimo mal visti all’inizio, riuscimmo a fraternizzare conquistandoci la fiducia sul campo. Successivamente – ha proseguito Raimondi Cominesi – fui promosso a ufficiale e trasferito sul fronte adriatico. Con gli altri combattenti abbiamo percorso più di 400 chilometri a piedi alleati ai soldati indiani sikh e gurkha, questi ultimi tenuti in disparte perché fra i più feroci. Divenni poi ufficiale della Polizia militare con cui pattugliammo il territorio fino al 1947, quando tornai a casa dopo cinque anni di assenza.” Raimondi ha poi letto alcune delle sue poesie. Fra i suoi versi anche quelli drammatici sui ricordi della guerra. Sui prigionieri della Risiera di San Sabba o sui partigiani dell’Osvobodilna Fronta fucilati a Cividale. Infine anche qualche riflessione sull’attualità: “Oggi come oggi soffro per il mio paese – ha affermato Raimondi Cominesi, – vedo che tante cose che avevamo sperato non si sono realizzate. Abbiamo la democrazia, abbiamo condizioni di vita più semplici, è vero, ma perché, ad esempio, non riusciamo a sconfiggere la mafia? E che dire della scuola? Dovrebbe essere un luogo più aperto ed essere usata in modo più proficuo, invece vedo che oggi a scuola ci si trova a disagio. Si dovrebbe educare in modo più umano, trasmettere ai ragazzi il messaggio che la vita è semplice ma è anche dura. Allenarli ai sacrifici che danno sempre un premio più alto”. In conclusione è stato proiettato il video di Roberto Cuello ‘I soldatini di piombo del signor Lazzaro Ferrari’, che si rifà ad un testo di Raimondi Cominesi.