Ramonike punk e suoni elettrici dai margini del bosco. Poesie e racconti, in dialetto sloveno, che si muovono nello spazio ‘anarchico’ delle contraddizioni valligiane, nel rapporto con i confini, con la storia dei grandi eventi che diventa quella delle persone ‘comuni’. Con un presente malinconico, ma assieme ancora vitale. Il primo album dei Pokriva Nočiva ‘Radio Magija’, uscito a inizio ottobre e disponibile su tutte le piattaforme digitali ma anche in cd, sottintende anche una storia di integrazione riuscita, un modello di rivitalizzazione  culturale ‘pop’ e non folclorizzato, come emerge anche dall’intervista ai componenti della band che pubblichiamo di seguito.

Chi sono i Pokriva Nočiva?
I Pokriva sono a volte tre, a volte quattro, a volte di più. Il nucleo storico siamo Anna, Matia e Zeno, a cui si aggiunge Davide, già bassista degli Ostajki, e qualche featuring come Kekko, Fernanda, Federico.
Veniamo tutti da esperienze musicali molto diverse, per cui anche i brani risentono di queste influenze: potremmo definire questo cd un album crossover, che mescola un po’ di tutto: rock, folk, punk, cantautorato, surf, dub… per un nostro stile riconoscibile dovremmo lavorare ancora un po’, ma come primo frutto di un anno di lavoro siamo molto orgogliosi del nostro primo album.

E perché Pokriva?
Perché è un termine dialettale per indicare l’ortica: la pokriva ricorda l’infanzia e le minacce delle nonne quando ne combinavi una, te la davano giù sulle gambe. In sloveno si dice kopriva, e ci piaceva molto questa storpiatura che prende il dialetto. Nočiva è un aggettivo dal doppio senso in italiano e in sloveno: notturno ma anche cattivo, velenoso: la pokriva nočiva punge la memoria, smuove le coscienze e custodisce storie e sogni notturni.

Come o da dove nascono i vostri pezzi?
Un pezzo nasce perché c’è una storia da raccontare. Se non c’è la storia allora non c’è la musica, o perlomeno la musica fine a sé stessa. Le Valli ci offrono sempre un sacco di spunti, ne avremmo di storie per i prossimi 10 album. È una terra creativa, se la si sa ascoltare, è una terra che ispira, pensiamo non solo alla musica, ma anche alla poesia, al cinema: se ne fossimo capaci faremmo anche film.
Le storie quindi nascono qui, nei nostri paesi: la storia del gambero bianco dello Judrio, ormai in via di estinzione, che cerca la sua dolce metà che non esiste più; un’anziana signora che si spegne in un ospizio senza aver mai toccato il mare; una ricetta di cucina che non può essere trasmessa perché non c’è discendenza… ma anche feste di fisarmoniche, giornate al fume in relax, feste del fieno e cani pingui perché mangiano in tutte le case che li accolgono… C’è sicuramente una vena malinconica, un sottile senso di estinzione in certi brani, ma ce ne sono altri invece pieni di gioia, vitalità, energia. Del resto le Valli sono anche una terra piena di contraddizioni, e per questo poetica.

Per chi non ha ascoltato l’album, cosa si deve aspettare?
A livello strumentale le nostre canzoni nascono seguendo ritmi e sonorità che enfatizzano o seguono il senso del testo, ma sono anche ricche di cammei, citazioni, riferimenti, omaggi e anche spudorate copiature: non sfugge il riferimento a Battiato, in Poleti, ma troviamo anche altri cantautori italiani, come De Andrè, un po’ di Celentano. Musicalmente, oltre ai già citati Beastie Boys, di cui abbiamo fatto l’unica cover presente nel cd, si sentono molte influenze Indie, Rap-Rock, ma troviamo anche Manu Chao, un po’ di etno folk degli Ustmamo per chi se li ricorda, i Blues Explosion, qualcosa dei Radiohead che amiamo molto.

Un album in sloveno: una scelta coraggiosa?
La vittoria – del tutto inaspettata – al Senjam beneške piesmi è stata la molla a continuare a suonare. Suonavamo anche prima del Senjam, ma facendo pezzi in inglese o in italiano, per lo più cover. Abbiamo deciso di fare un album in lingua (che non è la lingua madre di Anna e Zeno, ma si impegnano ad impararla) perché sicuramente dà un valore in più e lega le storie al nostro territorio. Abbiamo ascoltato anche tanta musica slovena, insomma per studiare un po’ la ‘concorrenza’: quello che ci ha lasciato spesso perplessi è che molte canzoni in sloveno non sembrano curare la musicalità della propria lingua. In questo album abbiamo lavorato molto sulla musicalità delle parole, c’è l’intento di dimostrare che invece lo sloveno può essere molto duttile e adatto anche a canzoni pop. Abbiamo ricercato spesso rime, assonanze, allitterazioni, onomatopee, con l’idea che un nostro testo dovrebbe poterlo cantare anche un bambino, dovrebbe essere orecchiabile e semplice da memorizzare.

C’è una storia dei vostri pezzi a cui siete particolarmente affezionati?
Sicuramente la storia di Rina, in arte Katrina, nel pezzo Poleti, una signora di Oblizza che è sempre venuta puntuale ad ogni apertura del circolo Potok che gestivamo, anche se faceva fatica a camminare: negli ultimi periodi la portavamo noi in macchina. Partiva da casa sua alle 16,30, per arrivare alle 17.00 all’apertura, per percorrere forse 500 metri, e quando se ne andava ci augurava sempre di avere tanta memoria. Lei si è spenta senza mai aver toccato il mare, ma lo vedeva da lontano se il cielo era terso. Di questa canzone abbiamo fatto anche l’unico video, totalmente domač, girato con il telefono nel bosco sotto Stregna

L’album si chiude con ‘Balkanika Noč’: che significato ha per voi questa canzone?
Balkanika Noč parla di Stregna. Le Valli guardano a Est, l’hanno sempre fatto, con amore o timore: dal punto di vista linguistico e anche dal punto di vista politico. Qua passava la cortina di ferro, il confine vero. Qua passava la linea tra bene e male. Quando guardiamo le stelle a Stregna noi respiriamo questa cosa, le valli sono la piccola porta, vrataca per l’est e per l’oriente. Balcani intesi come tutto il mondo appartenente all’ex Jugoslavia, dove da piccoli si andava con la propustnica a prendere zucchero e carne. Quel confine è qui, e ha segnato la vita di questo territorio e delle sue famiglie. Qui è ancora oggi tangibile la polarizzazione tra rosso e nero, italiano o sloveno, mentre non è così in pianura, dove questa frattura non è così visibile. Ma queste divisioni qua riescono ad assumere una forma anarchica, come nel caso di Orient Ekspress, un’altra canzone dal tema e sonorità un po’ balkan: l’importante è andare a funghi quando è il momento, la rivoluzione può aspettare, ma i funghi quando ci sono ci sono… Questa canzone è dedicata e ispirata al nostro vicino di casa, venuto a mancare pochi anni fa, una persona speciale, di compagnia, e che riassumeva molte contraddizioni che abbiamo trovato spesso qui, per quello sosteniamo che le Valli sono una fonte inesauribile di creatività e di storie perché sono ricche di contraddizioni, di aneddoti, di avventure. Un altro tema, la socialità: non riusciamo a disgiungere le Valli dalle sue feste, e anche dalle nostre feste, quelle sul fiume, quelle con i falò nei prati sfalciati, d’estate, quelle improvvisate con un paio di fisarmoniche: le Valli per noi sono ricchissime di socialità, sono tante le occasioni per incontrarsi. Pit Stop è invece una canzone ambientata in un momento di relax al fiume che vede protagonisti dei cocktail immaginari con i nomi dei nostri paesi, mentre la nostra unica cover, Ramonsky Party, è un omaggio ai party di fisarmoniche nonché una poco velata critica alla legge contro i raduni musicali con più di 50 persone. Noi le nostre feste a base di falò e fisarmoniche continueremo a farle…

Progetti futuri?
È già tempo di pensare alla prossima canzone per il Senjam 2024, visto che siamo molto lenti nel creare i nostri pezzi. Ovviamente ora siamo concentrati a promuovere il nostro album, almeno qui sul territorio: il cd è in vendita all’edicola di Raffaello a Scrutto, e alla libreria Boer a Cividale, oltre che essere disponibile online in tutte le piattaforme digitali. Inoltre ci piacerebbe trovare degli agganci di promozione anche in Slovenia, produrre altri video musicali, promuovere la nostra musica con concerti live facendo affidamento sugli amici delle Valli che ci seguono con affetto. La prossima data sarà un ritorno ‘a casa’, sabato 9 dicembre, presso il circolo Barluza di Oblizza.