La sfida a due per la carica di sindaco di Drenchia almeno per un attimo rianima il panorama politico locale, caratterizzato da calma piatta persino quando si affrontano, o dovrebbero affrontare, problematiche di interesse comune, come ad esempio il futuro dell’ospedale di Cividale. O di quello che ne resta. Rimane il fatto che a Drenchia, comune che all’anagrafe conta un centinaio di residenti, è riuscito quello che non era riuscito, nell’ultima tornata, a Pulfero, San Leonardo e Grimacco. Avere cioè almeno due candidati sindaco, e almeno una lista ciascuno a proprio supporto.
Ora, il cittadino che magari non conosce quella realtà potrebbe chiedersi, molto ingenuamente: Perché? Perché, voglio dire, impegnarsi per un ruolo amministrativo che, con tutto il rispetto, vale poco più del due di picche nella ‘galassia’ delle nostre amministrazioni locali? Con tutto il fardello, poi, del tempo da mettere a disposizione per svolgere per bene l’incarico, e dall’altro lato una remunerazione non certo esorbitante.
Be’, la risposta è semplice. Perché parte del territorio di Drenchia è quel crinale del Kolovrat dove i resti della Grande guerra rappresentano una straordinaria possibilità di sviluppo, e per questo va progettato, in accordo con i Comuni limitrofi sloveni, un piano turistico e economico appropriato per quella zona. Perché le tantissime case disabitate, se inserite in un progetto di rilancio, possono diventare attrattive (anche come seconde case, perché no). Perché la cultura e lingua slovena locale sono valori che, attraverso le associazioni locali, vanno supportati. Perché se qualcuno studia l’architettura rurale del luogo e pensa che si possa ripristinare per scopi turistici e culturali, ecco come rendere fattibile l’idea.
È per questo, vero?
(m.o.)